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Intervista al M° Giovanni Tufano. Artista visivo contemporaneo, land artist e performer
Intervista al M° Giovanni Tufano. Artista visivo contemporaneo, land artist e performer
La redazione di “Palco e Visioni” è lieta di presentare ai propri lettori il Maestro Giovanni Tufano, artista visivo contemporaneo italiano, scultore, land artist e performer, nato a Piazzolla di Nola nel 1948. Le sue opere sono presenti in contesti pubblici e privati, ha dato vita a numerosi progetti, ha creato una casa-studio e una residenza d’artista tra Milano e l’isola di Pantelleria, ha partecipato alla biennale di Venezia nel 1989 ed è un esponente della comunità fluxus. La nostra di “Palco e Visioni” ha avuto il modo di conoscerlo grazie al progetto per la promozione degli investimenti in arte contemporanea Artingout,

Maestro Tufano, innanzitutto le porgiamo i nostri ringraziamenti per la disponibilità, per noi è davvero un onore poterLa ospitare sul nostro portale. Vorremmo iniziare questa intervista chiedendole chi è “Giovanni Tufano” e in quale momento l’arte è entrata a far parte definitivamente della sua vita ovvero quando ha avuto la consapevolezza di essere un artista
La natura è la mia vita, io sono un “contadino dell’arte“. La vita è un’opera d’arte per come ho vissuto io, mi sono trovato a essere costantemente impastato nel fare. Qualsiasi cosa fai fa parte del ciclo vitale. Ho sempre vissuto un rapporto con la manualità , ho iniziato a scolpire la pietra di Tufo fin da bambino, avevo un libro sugli egiziani e ci ho preso spunto. Da allora ho consumato tutte le pietre di tufo che mio padre aveva preso per costruire il garage. Sono stato fortunato perché́ i cambiamenti arrivavano quando arrivavo io, ciò mi ha permesso di studiare nonostante le mie origini contadine. Non ho scelto qualcosa, è tutto accaduto per conto suo e ho solo seguito il flusso.

Nella sua biografia, che abbiamo avuto modo di approfondire grazie al catalogo d’arte Artingout, appaiono due luoghi principali che hanno condizionato la sua vita, sia personale che artistica, la città di Milano e l’isola di Pantelleria. Ci potrebbe parlare della “sua” Milano, magari con qualche aneddoto?
Milano è la mia città di adozione e mi ci sono trasferito per amore, è l’amore che mi fa muovere in tutto ciò che faccio. Inizio a lavorare come docente di scultura al liceo artistico. Ero attratto dall’ambiente cittadino così diverso dalla mia campagna e dalla scultura urbana della città, in particolare i binari della rete tranviaria e le insegne “tram a passo d’uomo”. Sono stato subito preso dalla voglia di smembrare un binario dal suolo e innalzarlo facendone un monumento alla città di Milano, questo binari è diventato il simbolo del mio spazio e della mia opera, un incrocio di tram in cui tante strade si intersecano come la mia arte eclettica e trasversale.
Ora potrebbe parlarci della “sua” Pantelleria, come è avvenuto l’incontro con l’isola e cosa rappresenta per lei?
Pantelleria è il mio secondo amore. Per me l’isola è viva così come una persona con un proprio carattere. Qui ho ritrovato il Tufo delle mie origini, Pantelleria è come la mia campagna. La differenza è che qui arrivano turisti da tutto il mondo. Sotto il sole di agosto sceglievo una pietra e la modellavo, ho spaziato dalla figurazione all’astrazione. Poi sono arrivati i totem, fatti sovrapponendo più pietre. Il totem mi ha sempre affascinato da piccolo, ricordo gli indiani nei fumetti. Ho creato il mio giardino che ospita 21 totem con dimensioni che vanno dai 3 ai 5 metri di altezza composti da una o più pietre raccolte nelle cave locali. Negli ultimi anni ho cominciato a invitare altri artisti, soprattutto giovani, per trasmettere loro l’amore per questa isola e la sua pietra unica che ho ribattezzato “pantellerite”. Si sono svolte delle residenze artistiche nelle quali, insieme agli artisti ospiti, abbiamo co-creato dilettandoci con la pietra rendendo omaggio a questo piccolo mezzo di mondo che vedo ricco di grandi possibilità per il futuro.

Pittura, scultura, land art, peformance. La sua attività artistica è davvero poliedrica. Tuttavia, a un certo punto della sua vita, precisamente nel 1989 con la performance “fuoco e ceneri”, ha arso le sue opere pittoriche. Può raccontarci qualcosa rispetto alla performance e al suo rapporto con le diverse forme d’arte che hanno caratterizzato la sua produzione artistica?

Il fuoco è rigenerazione rende la terra più fertile. L’idea di dovermi ripetere non mi appartiene. La ripetizione ti rende riconoscibile e la tua opera riconducibile a te. A me non è mai interessato. Il mio gesto era volto ad azzerare, un modo di dare un’impronta di cambiamento. Ho fatto questa performance nell’ottobre 1989 e dopo due mesi c’è stata la caduta del muro di Berlino che segna la caduta delle ideologie. Non solo ho azzerato me stesso ma tutto ciò che accadeva intorno a me. Dopo c’è stata l’arte totale, dove ogni forma di espressione si mescola.
La sua carriera artistica è davvero intensa, non ha soltanto creato opere d’arte ma ha sviluppato numerosi progetti. Ci rendiamo conto che ognuno ha una propria importanza, tuttavia vorremmo chiederle di scegliere quelli che secondo lei sono davvero fondamentali e raccontarci qualcosa a riguardo.
C’era la frenesia di ricominciare a fare qualcosa dopo avere azzerato tutto.
Un gruppo di amici artisti si sono prestati a diventare netturbini insieme a me, l’intento era far diventare i rifiuti opera d’arte. Tutto ciò che buttiamo è parte integrante di noi. Il mio spazio di artista l’ho messo a disposizione degli altri con l’inceneritore di Tufano che ho presentato a Milano poesia, una performance in cui invitavo altri artisti a buttare nel camion AMSA e bruciarli. Siccome io sono un comunista, mi piace coinvolgente gli altri. Da quel momento nasce Tufanostudio e poco dopo inaugura il ciclo “Creare Lasciando Creare“, con l’intento di offrire uno spazio agli altri in cui poter creare insieme un’opera collettiva che è lo studio stesso con le svariate energie che lo attraversano. Non c’è mai stata distinzione tra le varie arti, era una mescolanza. Non c’era nulla di programmatico prestabilito. Un flusso!
Lei può essere considerato uno degli esponenti italiani della comunità Fluxus come dimostrato anche dalla collaborazione con il Prof. Achille Bonito Oliva per l’esposizione “Ubi Fluxus Ibi Mutus”, del 1989. Può raccontarci qualcosa in merito?
A Milano, nel 1979, ho incontrato gli artisti come Nam June Paik, e il gruppo Fluxus. Adesso che ci penso, la mia vita è Fluxus. All’inizio lo studio era “casa e bottega” e mi bastava per poter lavorare ed esprimere la mia creatività̀. Ho conosciuto poi Sylvano, Bussotti, che era un musicista caposcuola di fluxus. Era una dimensione in cui se avessi avuto qualcosa da dire saresti riuscito a raccontarlo. Ho partecipato alla Biennale di Venezia nel 1989 promosso da Rosanna Chiessi e Gino Di Maggio con l’istallazione Fuoco e Ceneri. È stato un momento fondamentale per la mia esperienza artistica e per il mondo dell’arte in generale.
Se dovesse scegliere una sola opera d’arte come rappresentativa della sua carriera, quale sarebbe e perché?
Sono le ceneri delle mie opere bruciate nella performance Fuoco e Ceneri, in esse è contenuto tutto: il passato, il presente e il futuro.
Quale, tra le esposizioni che l’hanno vista protagonista, considera tra le più importanti?
Oltre alle già citate sopra, Fuoco e Ceneri e la Biennale del 1989, la più importante a livello personale è stata la mia partecipazione al festival Bruniano di Nola dedicato a Giordano Bruno nel 2014 con l’istallazione e performance Tufano per il Nolano. Ho scelto di fare il mio intervento in una chiesa sconsacrata: ho appeso al soffitto dei fili sottili con delle maschere di velina bianca che sono i calchi del mio volto, elemento sempre presente nelle mie opere performative. Mentre un flauto suonava delle note
solenni alcuni attori leggevano delle frasi attribuite al filosofo sovrapponendosi l’una sull’altra, poi le luci si abbassavano e io camminavo. La sua filosofia è parte integrante della mia visione del mondo e ispirazione costante nel mio lavoro artistico.


Lei ha ormai tracciato un solco indelebile nella storia dell’arte contemporanea. Come vorrebbe che la storia dell’arte del futuro la ricordasse?
La parte ecologica, la land art, la conservazione della natura sono concetti che mi appartengono. La natura intesa come l’uomo che si specchia in sé stesso. È un percorso questo che va portato avanti e approfondito. Non riesci mai a entrare fino in fondo a quella che è la vita umana.
Se riuscissimo a migliorare noi nel piccolo anche il mondo migliorerebbe, io ho cercato di portare il mio “contributo all’evoluzione della specie” con il mio fare e adesso si porta avanti il percorso attraverso la Fondazione Tufano Giovanni, nata proprio qualche mese fa allo scopo di raccogliere e valorizzare il mio lavoro oltre che a raccogliere e mettere insieme, come ho sempre fatto, altri artisti soprattutto giovani. Voglio che questo nuovo progetto sia il tramite fra le vecchie e le nuove generazioni di artisti, un fuoco intorno cui raccogliersi e raccontarsi perché le fiamme non sono solo distruzione ma trasformazione e rigenerazione continua. È questo il mio auspicio per il futuro, un flusso continuo di energia creativa condivisa.
Maestro Tufano, rinnoviamo i nostri ringraziamenti per essere stato ospite di “Palco e Visioni” e aver dedicato il suo tempo per questa intervista. Seguiremo con passione il suo lavoro e il lavoro della neonata Fondazione.
Grazie a voi, anche per il lavoro che state dedicando alla promozione della cultura e dell’arte.
a cura di
Redazione “Palco e Visioni”
come citare questa fonte bibliografica
Palco e Visioni Redazione (2025)
Intervista al M° Giovanni Tufano. Artista visivo contemporaneo, land artist e performer
www.palcoevisioni.com/?p=1341, 18 febbraio 2025