L’attore Riccardo Michelutti in un’intervista di Silvia Moroni

Riccardo Michelutti si diploma come attore nel 1994 presso l’Accademia Nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma. Tra le varie esperienze teatrali ricordiamo: “Il dolce suono di Dino Campana”, regia di I. Ghione, Teatro “Ivelise” Roma, “La Betia” di Ruzzante, regia di G. De Bosio, Teatro Romano- Verona, “I due gemelli Veneziani” di C. Goldoni, regia di V. Zernitz, “Teatro Vascello”. Per il cinema invece “Ama il tuo nemico 2” per la regia di D. Damiani e in “Via Zanardi 33” di A. De Leo. Ha collaborato come insegnante di dizione presso l’Accademia d’arte drammatica “Nico Pepe” di Udine e come insegnante di interpretazione presso la scuola di Teatro “A. L’Avogaria” di Venezia. Attualmente dirige la compagnia del “Teatro Improprio” associata presso il Teatro San Marco di Udine e la compagnia dei “Soliti Insoliti” a Padova.

Oggi abbiamo il piacere di intervistare Riccardo Michelutti. Ciao Riccardo, tu provieni dall’ Accademia d’Arte drammatica Silvio D’Amico, il ricordo più bello?

Il ricordo più bello è stato quando ho saputo di essere stato ammesso in Accademia. Il provino prevedeva tre fasi, bisognava portare un monologo, una scena dialogata con una spalla, la prova d’improvvisazione e la prova di cultura generale. Se superavi la prima fase andavi alla seconda fase, dovevi preparare un monologo con delle scene dialogate che ti davano loro, se superavi la seconda, fase ti iscrivevi regolarmente all’anno Accademico e dopo un mese avrebbero dimezzato il numero delle persone. Mi ricordo che c’erano novecento persone ai provini, e il momento più bello è stato quando, dopo la seconda fase, ho visto che tra gli ammessi c’era il mio nome, questo mi ha molto commosso e mi commuove ancora, perché è stata una mia conquista, ci sono arrivato da solo, senza aiuti, solo con la forza di volontà, sicuramente questo è stato il ricordo più bello. Poi c’è stato il primo mese di frequenza, su trenta persone ne sarebbero rimaste sedici e quei sedici si sarebbero iscritti al percorso Accademico. È stato un mese di tensione, ma poi c’è stato il momento in cui ero sicuro di essere dentro.

Quali sono i maestri che hanno maggiormente influenzato la tua formazione?

Tra i maestri che hanno influenzato particolarmente la mia formazione artistica, ricordo Massimo Foschi, che per me è un attore e regista di spessore e lo stimo, perché lui è un artigiano, lui fa teatro di pancia e mi piace perché è un attore vibrante, un animale da palcoscenico, ha queste corde vibranti che vengono dal fondo, dalla pancia e non dalla testa. Un altro insegnante che ho amato molto, è stato, Andrea Camilleri, lui insegnava drammaturgia, mi piaceva, perché raccontava le sue lezioni, e ti calavi all’interno di questa struttura drammaturgica, che doveva reggere determinate opere che andavi ad analizzare, ti faceva proprio vedere lo scheletro, con tutta la colonna vertebrale delle parole, delle frasi e di tutto il contenuto narrativo, che poi dovevi abbracciare come attore. Lui è stato molto importante per me, aveva questa capacità di raccontare le sue lezioni, semplicemente facendo lezione. Ricordo che quando arrivava, non si sedeva davanti alla cattedra, ma si metteva seduto vicino alla finestra, poi apriva la finestra, fumando una sigaretta dietro l’altra, e da queste nuvole di fumo fuoriuscivano tutti questi suoi pensieri, era come se tutta la sua creatività, prendesse forma dentro queste nuvole di fumo…

 Quando hai capito che avresti fatto l’attore?

Ho capito che avrei fatto l’attore dopo che ho finito l’Accademia, perché mi ha affascinato sempre questa forma di comunicazione. Il Teatro, come possibilità che una persona, un artista, può avere di confrontarsi, relazionarsi con gli altri, tramite una forma di comunicazione bellissima, che permette di calarti dentro determinati personaggi e andare poi ad abbracciare i personaggi degli altri. Questo gioco di relazioni, questo creare delle sinergie teatrali sul palcoscenico, insieme a persone che non conosci, questo crescere, questo sondare, in maniera molto introspettiva dentro te stesso, confrontarti con gli altri, mi ha sempre molto affascinato. Dopo il mio percorso a Roma di dieci anni, ho capito che forse mi sarebbe piaciuto molto più fare regia, che fare l’attore. Sono rientrato in Friuli ed ho deciso di continuare a fare l’attore, e di trovare il modo di insegnarlo a fare, perché non c’è cosa più bella per me, che trasmettere questa forma artistica agli altri, attraverso l’insegnamento e anche attraverso delle regie che ti fai e prepari.

Da diversi anni a questa parte sei alla guida di un gruppo teatrale, tutto nasce da un laboratorio che poi si è trasformato ed ha creato la compagnia del Teatro Improprio di Udine, ce ne vuoi parlare?

Qui a Udine dirigo la compagnia del “Teatro Improprio”, associata presso l’Associazione del Teatro San Marco. La compagnia è nata quindici anni fa, attraverso un lavoro laboratoriale ,durato prima un mese, partito da un corso di dizione, poi un anno, attraverso dei moduli specifici, che hanno a che fare con la formazione teatrale e che sono l’interpretazione, il lavoro sulla maschera, sui clown, e poi in qualche modo ho creato questa compagnia teatrale. Non è una compagnia di professionisti, ma di amatori, bravi amatori, che nel tempo ho formato, a cui ho fornito degli strumenti tecnici, come l’impostazione vocale. C’è stato proprio un lavoro formativo, a livello di gruppo, di compagnia teatrale, perché per me una cosa importante, è lavorare in gruppo, lavorare insieme. Del teatro mi affascina soprattutto il gioco di squadra, il teatro è gioco di squadra, e mi piace il teatro che si genera da dinamiche teatrali, che si creano tra gli attori in scena. Le relazioni che poi nascono da queste sinergie, trasformano le persone, permettendo loro di entrare nei ruoli, e questo rende più accattivante il risultato, perché è sempre più interessante il lavoro fatto in squadra.

A Padova sei impegnato con la compagnia dei soliti insoliti, è un altro progetto a cui tieni molto, com’è nata la compagnia e quali sono i vostri obiettivi?

A Padova ho formato la compagnia dei “Soliti Insoliti”, una compagnia che è nata attraverso dei laboratori che mi ha proposto l’associazione Fantalica di Padova. I ragazzi sono passati attraverso vari corsi, che hanno fatto con me ed altri insegnanti, poi a un certo punto, è nata da parte loro e da parte nostra, questa esigenza di costituirci in compagnia teatrale, formata prevalentemente da donne, c’è solo un uomo, che in qualche modo le presenta, le direziona, fa un po’ il lavoro da spalla. La peculiarità di questa compagnia è di lavorare come le frecce tricolore, si conoscono, ognuna conosce i punti di forza e i limiti dell’altra, si conoscono anche a livello personale e a teatro hanno un modo di lavorare molto intimo. Quando iniziamo a lavorare e loro sono in scena, è come se avessero un foglio bianco dentro di sé, e poi attorno hanno il silenzio, io gli mando un piccolo input e loro in qualche modo ci costruiscono sopra, creano determinate situazioni sceniche. Lavoriamo su dei training emotivi, con lo scopo di far uscire determinate emozioni e loro fanno questo lavoro con estrema cura e con molto ascolto, si ascoltano tra di loro, ascoltano quello che io faccio. Amo lavorare con loro, perché mentre lavorano sul palco, improvvisano, parlano tra di loro, io scrivo, mi vengono in mente delle idee, sono loro che me le lanciano e spesso concedo loro una libertà pilotata e vanno in una determinata situazione, trovano delle belle sinergie teatrali, trovano dei connubi molto belli ed io getto sulla carta delle frasi, delle cose che dicono e poi ci costruisco attorno lo spettacolo. Questo è il mio modo di fare teatro, è il teatro che voglio fare. L’obiettivo di questa compagnia è abbastanza arduo, perché anche loro non sono professionisti, sono dei bravi amatori, che si avvicinano molto al professionismo. Sono partiti dal primo gradino, però hanno avuto questa capacità di voler imparare, voler migliorare, voler crescere e questo li ha portati ad avvicinarsi molto al professionismo. L’obiettivo che ho, è riuscire a farli crescere ancora un po’, e riuscire a creare una compagnia di professionisti che io dirigo. Questa è la cosa più importante su cui lavoriamo, facciamo formazione e poi facciamo prove per spettacoli.

Come insegnante, che cosa cerchi di trasmettere ai tuoi allievi?

Quello che cerco di trasmettere ai miei allievi, è l’amore nei confronti di quello fanno, non di quello che sono. Vai e dimostra agli altri non quanto sei bravo o quanto sei interessante, ma quanto ami quello che stai facendo. Vai e dimostra quanto ami il personaggio che stai calzando, la relazione che stai condividendo con l’altro attore!

Veniamo da un periodo che ha penalizzato fortemente tutto il mondo dell’arte, come l’hai affrontato?

Questo virus invisibile è entrato dentro le nostre case, è entrato dentro di noi e quel che è peggio, è entrato nelle nostre anime ed è come se le avesse un po’ fratturate, e come tutte le fratture ci vuole del tempo prima che si formi il callo osseo.

Questo virus ha paralizzato il mondo dell’arte, ha paralizzato gli artisti e non è una paresi fisica, è una paresi interiore, qui è come se avessero interrotto un ciclo emozionale, è come se avessero fratturato l’anima delle persone. Ho avuto a che fare con attori che all’inizio non erano empatici, accendi le luci, prepari la scena, gli attori sono sul palcoscenico, pensi che sia sufficiente per riattivare gli animi e mi sono reso conto che non è stato semplice, perché hanno faticato a ritrovare quella carica interiore. Quello che ho fatto durante il blackout, da un anno e mezzo a questa parte, è stato lavorare su zoom, attraverso lo schermo. È una modalità che non condivido, non si può fare teatro attraverso uno schermo, manca tutta l’empatia fisica, la condivisione che il teatro ti offre e nonostante ciò, piuttosto che spegnere queste persone, ho lavorato il più possibile su delle materie tecniche, come la dizione, l’articolazione, cerchi di farlo nel migliore dei modi, e questo l’ho trovato molto utile.

Su cosa stai lavorando in questo momento e quali sono i tuoi progetti futuri?

Un testo su cui sto lavorando in questo momento con la compagnia del Teatro Improprio di Udine, è il “Woyzeck” di Buchner, che parla di questo soldato che per gelosia uccide la vedova Wost e viene poi assassinato nella piazza del mercato di Lipsia. È un fatto un realmente accaduto e Buchner si è rifatto alle cronache criminali dell’epoca. C’è poi un altro progetto, su cui sto lavorando da un anno con la compagnia dei Soliti Insoliti di Padova. Lo spettacolo si intitola “Inversione di marcia”, loro sono tutte donne, ho rielaborato un testo, tratto dalla Cantatrice calva di Ionesco. Il testo ha sei personaggi che sono il pompiere, la cameriera e le coppie dei coniugi, i signori Smith e i signori Martin. Stiamo parlando di Ionesco, teatro dell’assurdo, e l’ho intitolato “Inversione di marcia”, proprio perché in qualche modo quello che voglio fare, è calcare questo processo, che ha a che fare con il teatro dell’assurdo e con la dimensione del tempo. L’importanza delle azioni, che vengono fatte in maniera meccanica, quasi come se non ci fossero dei sentimenti, è come se ci fosse un ingranaggio, dentro cui questi personaggi cercano di stare, ma non ci riescono, cozzano, perché non riescono a stare dentro questo meccanismo quotidiano molto semplice. Abbiamo poi altri due spettacoli pronti, che stiamo cercando di distribuire. Con la compagnia del teatro Improprio di Udine abbiamo fatto uno spettacolo sui cortili, si intitola “Un cortile per ciascuno” e racconta i cortili Friulani, gli attori stessi, attraverso le storie che hanno scritto, raccontano i cortili contadini di un tempo, è uno spettacolo molto intimistico, molto bello. Questo spettacolo è stato fatto già in tre posti all’aperto e a novembre avremo un’altra replica e lo faremo per la prima volta a Teatro. Con la compagnia di Padova invece abbiamo debuttato in Friuli con le “Stagioni di Venere” una sorta di canto dedicato alle donne, analizza la donna in tutte le sue sfaccettature e in tutte le sue stagioni. Questo spettacolo è andato in scena l’anno scorso presso l’Hospitale di San Tommaso in San Daniele, ed ora stiamo cercando di riuscire a farlo circuitare in qualche location o teatro anche in occasione della giornata contro il femminicidio.

Compagnia Insoliti Soliti: https://www.facebook.com/I-soliti-insoliti-100499031421530/
Compagnia Teatro Improprio: http://associazioneteatralefriulana.com/teatro-improprio/

a cura di
Silvia Moroni

Come citare questa fonte

Moroni , S. (2021)
Intervista a Riccardo Michelutti.
wwww.palcoevisioni.com/?p=613. Roma, 18 ottobre 2021

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